“Impossibile sottoscrivere un accordo che peggiora le condizioni di lavoro del personale della scuola e che indebolisce la scuola dell’autonomia e la comunità educante”.

Non un capriccio ma una decisione presa tutti insieme. Questa scelta è il risultato di un percorso lungo e condiviso dai nostri organi statutari, dai nostri iscritti e da coloro che hanno partecipato alle nostre assemblee – commenta il segretario generale della Uil Scuola Rua, Giuseppe D’Aprile, al termine della riunione all’Aran.

Siamo profondamente convinti delle ragioni che hanno portato alla non firma – sottolinea il Segretario -. La mancata valorizzazione del personale Ata, la precarizzazione del lavoro delle segreterie, l’assenza di riferimenti alle scuole italiane all’estero e la parte dedicata alle relazioni sindacali, restano le principali criticità.

Guardando agli scenari futuri, il Segretario afferma: Ci saranno le persone a lavoro nelle scuole, resterà il loro impegno, il sistema nazionale di istruzione – che vogliamo resti nazionale, ribadiamolo – continuerà ad essere tra i migliori dell’Europa. Funzionerà tutto. Più o meno come ora.

Resta tuttavia l’amaro in bocca per l’occasione persa, perché con questo contratto c’era la possibilità di rimediare ad alcune forti storture del nostro sistema d’istruzione, strettoie normative che non sostengono ma intrappolano le persone.

Siamo un sindacato confederale, rappresentativo e in buona salute. Nel 90% delle scuole italiane siamo rappresentati dalle nostre Rsu – a cui va detto un grazie e riconosciuto un ruolo – che svolgono un lavoro straordinario in termini di tutele e di rappresentanza e che, a nuovo contratto vigente, continueranno a svolgere, senza alcun rischio di estromissione dalle contrattazioni.

Sosterremo il loro ruolo, la loro azione ci permetterà di influire sulle decisioni assunte nel pieno rispetto dei diritti del personale della scuola.

Come di consueto faremo valere le nostre posizioni in tutte le occasioni di incontro e confronto politico sindacale a sostegno di tutta la comunità educante. È l’inizio, non la conclusione.